Agricoltura e sviluppo del territorio
La dieta mediterranea è il miglior modello alimentare al mondo
Ma sono sempre meno le persone che la seguono in modo corretto
di David Fabbri| 25 10 2024
Di cosa parliamo in questo articolo?
La dieta mediterranea è stata nuovamente definita la migliore al mondo, nonostante che il cambiamento climatico, l’industrializzazione e i cambiamenti dello stile di vita ne mettano in pericolo i valori e le funzioni sociali evidenziati da antropologi e sociologi.
Lo spirito di convivialità è da sempre presente nello stile alimentare della dieta mediterranea e nelle attività ad essa correlate, che vanno dalla produzione degli alimenti al consumo a tavola: si lavora insieme, si mangia insieme e allo stesso tempo si socializza. Le trasformazioni in atto, tuttavia, rischiano di ridurre sempre più le occasioni di condivisione e socialità che la dieta mediterranea comportano.
Ambito di Intervento
Agricoltura e sviluppo del territorio
Questo articolo contribuisce alla ricerca del Centro Ricerche sAu sul valore sociale e culturale del cibo, per ridefinire e attualizzare il suo valore di costruzione di comunità
È morta la dieta mediterranea, viva la dieta mediterranea
La dieta mediterranea vince su scala globale. Lo stile alimentare che possiamo definire “nostrano” si conferma, anche per il 2024, la migliore dieta al mondo, secondo la classifica ‘Best Diets Overall 2024’ dell’US News and World Report. Una vittoria netta, che ha surclassato le trenta diverse alternative, ottenendo un punteggio dell’85,1%. I motivi di questo primato sono dovuti ai benefici per la salute e alla ricchezza di alimenti che la nutrizione di tipo mediterraneo comprende.
La dieta mediterranea, iscritta da più di venti anni dall’Unesco nella Lista del Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità, è stata identificata nel 1960 dallo scienziato americano Ancel Keys, che per primo nel suo libro How To Eat Well And Stay Well. The Mediterranean Way, pubblicato nel 1975, ne evidenziò gli effetti vantaggiosi, dopo aver vissuto per più quarant’anni ad Acciaroli, in provincia di Salerno. Da quel momento in poi, la dieta mediterranea viene riconosciuta come garanzia per la biodiversità alimentare, fondamentale per l’essere umano.
Sono molti i punti di forza a favore dell’alimentazione mediterranea: ad esempio la stagionalità, che permette di rispettare l’ambiente, consentendo la rotazione di colture e produzioni; la sostenibilità dell’ambiente come conseguente garanzia. Parliamo di un patrimonio unico e irripetibile, che però, come sostiene Coldiretti, è a rischio soprattutto per gli effetti del cambiamento climatico: «Si tratta di un tesoro del Made in Italy che ha consentito all’Italia livelli di longevità fra più alti al mondo, ma è oggi a rischio a causa degli effetti del cambiamento climatico. Il moltiplicarsi di eventi estremi lungo la Penisola hanno provocato, nel corso del 2023, oltre 6 miliardi di danni all’agricoltura nazionale, con il crollo dei raccolti nazionali che mette a rischio gli alimenti base della dieta mediterranea» (Asti.Coldiretti.it, 2024).
Nonostante i benefici per la salute ampiamente documentati sia in studi epidemiologici che clinici, le ultime ricerche indicano come in molti paesi del Mediterraneo questo modello alimentare sia abbandonato da molte persone. I dati emersi sono preoccupanti perché abitudini alimentari non salutari contribuiscono alla diffusione di fenomeni di obesità e di malattie, con gravi implicazioni per la salute pubblica.
Una ricerca condotta nel 2021 dal Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica dell’Università degli Studi di Firenze e pubblicata nell’articolo Mediterranean Diet Adherence in a Sample of Italian Adolescents Attending Secondary School ha presentato alcuni dati ottenuti tramite il questionario Medi-Lite, strumento pratico in grado di valutare l’aderenza alla dieta mediterranea. L’analisi sul campione, costituito da un gruppo di studenti delle scuole secondarie di età compresa tra 17 e 19 anni, ha mostrato una moderata aderenza, sottolineando la necessità di pianificare interventi educativi volti a migliorare i comportamenti degli adolescenti. In particolare, andrebbe incentivato il consumo di frutta, verdura, legumi e pesce, nonché favorita la riduzione del consumo di carne e prodotti a base di carboidrati.
Nel 2023, altri studi hanno dimostrato un’applicazione errata dello stile alimentare della dieta mediterranea. Alessio Molfino, esperto della Società italiana di Nutrizione clinica e metabolismo, in alcune dichiarazioni riprese da Sky Tg 24, ha evidenziato come tra gli errori più frequenti vi siano la scelta di frutta e verdura fuori stagione e il consumo di snack e succhi, che sono poveri in fibre e ricchi di zuccheri raffinati, ma anche l’eccesso di carne, in particolare quella rossa.
I ricercatori del CREA-Alimenti e Nutrizione, centro di ricerca che fa capo al ministero dell’Agricoltura, in uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Frontiers in Nutrition, hanno messo in risalto un dato sconcertante: la percentuale di popolazione italiana che segue veramente la dieta mediterranea in modo corretto è molto bassa, appena il 13,3%. E tutto questo nonostante il punteggio medio di conoscenza nutrizionale nel nostro Paese sia alto, ovvero oltre il 50%.
La dieta mediterranea, quindi, va oggi tutelata con campagne di informazione che possano divulgare la corretta applicazione e, allo stesso tempo, va protetta per poterne salvare principi, valori e pratiche legate alla tradizione.
Dieta… come agire sociale
Ma cos’è una dieta? È soprattutto un modo di vivere, uno stile di vita. La sociologia e l’antropologia hanno fornito negli anni spunti di grande interesse in questa ottica.
L’antropologa Mary Douglas mette in evidenza il comportamento di consumo di una dieta, che altro non è che un “agire sociale dotato di senso”. Seguire una dieta non è quindi solo un fabbisogno fisiologico, ma presuppone aspetti sociali e comunicativi. In una visione simbolica degli oggetti, gli alimenti sono identificati come vettori comunicativi e ne consegue che la cultura materiale del cibo nasce dall’intersezione delle relazioni sociali create dagli individui. Consumare e condividere un pasto con gli altri diviene una pratica rituale che nel tempo va a costituire il modello culturale di una società, poiché come sostiene l’autrice «il cibo è un modo per esprimere le relazioni sociali, ma è anche un mezzo per contribuire a crearle e rafforzarle» (Douglas, 1985).
CibiAmo la Toscana
CibiAmo la Toscana è un progetto vincitore di un bando del PSR della Toscana in partenza a inizio 2024. Il partenariato è composto da ANCI Toscana, Associazione Nazionale Città dell’Olio e Qualità&Servizi. Il Centro Ricerche sAu, insieme all’Accademia dei Georgofili, partecipa al Comitato Scientifico del progetto.
Le teorie del sociologo Georg Simmel propongono un connubio in cui le strutture alimentari incontrano le norme sociali, creando una vera e propria “grammatica del pasto”, con precisi modelli di riferimento e definizione di barriere sociali: «E la prospettiva non muta sostanzialmente anche quando si rileva il dualismo tra egoismo individualistico e collettivistica socializzazione, poiché si consolida l’idea che l’elevazione a fatto sociale dell’alimentazione dipende esclusivamente dall’imposizione di una precisa disciplina e dalla formulazione di un insieme di regole, che stabiliscono il superamento o la trasformazione che l’egoismo materialista e individuale subisce nel corso del passaggio verso la forma sociale del pasto» (Simmel, 1986).
Con il trascorrere del tempo, è la dieta stessa a subire trasformazioni profonde. Lo storico Piero Camporesi prende in esame la rivoluzione industriale, la specializzazione e i crescenti rendimenti della produzione agricola, lo sviluppo ipertrofico delle città come elementi che concorrono a modellare la modernità alimentare, sconvolgendo il rapporto dell’uomo con il suo cibo. (Camporesi, 1980).
Il cibo non ha soltanto la funzione di favorire la costruzione di rapporti sociali, ma funge anche da fattore di differenziazione sociale. Come sostiene infatti il sociologo Jean-Pierre Poulain, il cibo va infatti a definire l’identità di gruppi sociali all’interno della stessa cultura, in termini di classe o provenienza. Individui appartenenti a classi sociali distinte potrebbero infatti alimentarsi diversamente ed effettuare scelte alimentari in base a criteri diversi. La qualità, la salubrità e i valori nutritivi dei cibi verranno menzionati più spesso come criteri di decisione principale dai soggetti di un elevato ceto sociale, a differenza di chi invece ha una minore disponibilità economica e si trova quindi costretto a non poter utilizzare principi di scelta. Il passaggio da una classe sociale a un’altra segna quindi anche un passaggio nelle abitudini alimentari. Si assiste quindi ad una transizione in cui i cibi precedentemente consumati vengono abbandonati a favore di cibi più ‘adeguati’ al proprio status.
Gli interessi commerciali hanno, inoltre, incentivato l’abitudine individuale a mangiare di più, ma non meglio. Il saggista Michael Pollan precisa come tutto questo abbia portato a danneggiare i campi, peggiorare la vita degli animali, inquinare l’acqua, a minare, insomma, l’ambiente che ci circonda.
Il modello di socialità della dieta mediterranea è a rischio
Urbanizzazione, globalizzazione e industrializzazione hanno generato, nel tempo, grosse modifiche nel sistema agro-alimentare, cambiando di conseguenza in primis i rapporti tra le città e le campagne, e successivamente anche gli stili di vita delle persone. Progressivamente sono andati a scemare gli stili alimentari agresti, che comprendevano consumo di cibi locali e di stagione, con abbondanza di vegetali ricchi di fibre. Si sono diffuse abitudini di vita prevalentemente sedentarie collegate ad un frequente consumo di alimenti processati e confezionati, spesso provenienti da altri paesi. Tutto questo ha portato a una vera e propria trasformazione sociale, causando la standardizzazione delle diete globali e il conseguente allontanamento dalle diete tradizionali come quella mediterranea. In tal modo non si vanno soltanto a perdere dei sani principi alimentari, ma viene meno anche la funzione sociale del cucinare e la dimensione conviviale del consumare i pasti insieme agli affetti più cari. I ritmi sempre più frenetici e spesso esasperanti della vita quotidiana portano spesso a mangiare fuori, con una certa rapidità, prodotti di scarsa qualità. Si modificano così dei valori secolari, si scombinano gusti e sapori della grande tradizione alimentare nostrana, ma si guastano anche abitudini sane e momenti piacevoli, come quello dedicato allo stare a tavola in compagnia, che sottintende il concetto di convivialità.
Aspetti sociali e conviviali della dieta mediterranea
Prendiamo ad esempio un elemento tipico della dieta mediterranea come la vite. La vendemmia è da sempre un’attività collettiva, collegata direttamente alla socialità e alla condivisione delle esperienze. In tempi passati questa circostanza rappresentava un importante momento di collaborazione tra i componenti di una famiglia, i quali si riunivano nella raccolta rendendo più rapido tutto il procedimento. Era anche consuetudine aiutarsi tra vignaioli vicini, per poi riunirsi insieme a fine lavoro davanti a una tavola imbandita. Il senso di cooperazione permetteva di conoscersi meglio e apprendere anche nuovi metodi di lavoro, che potevano riguardare ad esempio l’estrazione del mosto o la potatura delle viti.
Tra i filari delle vigne, tra una fatica e l’altra, prendeva forma lo spirito di comunità. E la produzione del vin novo non passava di certo in secondo piano, dato che le fatiche dei vignaioli venivano ricompensate dalla resa del prelibato nettare, alimento che fin dai tempi dei Greci e dei Romani ha sempre fatto parte di momenti di condivisione, convivialità e socialità.
Va comunque sottolineato che, anche al giorno d’oggi, la vendemmia rappresenta un’occasione di aggregazione e condivisione, e non soltanto per i più esperti. Molti giovani, infatti, si dedicano alla raccolta non soltanto per ottenere un guadagno extra, ma per conoscere nuove persone, socializzare, creare un “gruppo squadra” e raggiungere insieme un obiettivo. Il valore storico, tradizionale ed antropologico della vendemmia trova quindi evidenti analogie con il significato di condivisione sociale custodito dalla dieta mediterranea.
Un altro aspetto sociale che fa parte della dieta mediterranea lo ritroviamo nella preparazione del pane e della pasta fatta in casa. Questa attività culinaria delinea un momento incentrato sulla condivisione e la collettività del lavoro, insegnamento e divertimento per tutti i componenti della famiglia, da più grandi a più piccoli, e interpretato come un importante scambio di conoscenze tra generazioni diverse.
Metodi, ricette e segreti tramandati da nonni a nipoti, ad esempio, diventano fondamentali al fine di conservare nel tempo un patrimonio di tradizioni e nozioni fondamentali per la qualità della nostra alimentazione e quella del futuro. La preparazione della pasta fresca richiede tempo e attenzione, tanto da andare a rafforzare il senso di comunità e condivisione di una famiglia, nella quale ogni componente dà il suo contributo e collabora con gli altri. Fuori da questo nucleo esistono inoltre, al giorno d’oggi, vari laboratori artigianali dove i volontari possono dedicarsi alla preparazione di questi alimenti fatti a mano condividendo momenti di socializzazione con altri e acquisendo allo stesso momento grande competenza nel campo della produzione culinaria.
Dalle Anteprime della Library di sAu
L’agroambiente in Toscana. Politiche regionali e prospettive di sviluppo
Quale sviluppo sostenibile, frutto di un dialogo tra innovazione e tradizione, per l’agroambiente toscano? L’ebook, pubblicato dalla Direzione Agricoltura e Sviluppo Rurale della Regione Toscana, contiene gli atti dell’Evento Annuale 2018 del PSR della Toscana.
La dieta mediterranea fornisce anche altre esperienze all’insegna della convivialità. Le degustazioni di prodotti tipici, come vino, olio e formaggi ad esempio, organizzate in agriturismi, cantine o aziende agricole permettono di vivere esperienze di aggregazione e delibazione con amici e altre persone. In queste manifestazioni solitamente sono previsti anche dei momenti didattici, dedicati alla condivisione di idee e all’approfondimento del territorio, delle sue produzioni caratteristiche e le sue specificità.
Conclusioni
Lo stare insieme a tavola e tutte le attività correlate sono un elemento alla base del modo in cui viviamo l’alimentazione. La dieta mediterranea favorisce per sua natura momenti di confronto, condivisione di esperienze e di sviluppo dei rapporti interpersonali. Pur essendo premiata e riconosciuta come la migliore al mondo è evidente dagli studi emersi che in Italia una grande parte della popolazione non la segua correttamente andando così a vanificare lo stile di vita e le proprietà benefiche che comprende. Inoltre questa tipologia di dieta non può essere ridotta ad icona dell’immaginario collettivo, o in ottica commerciale soltanto a un brand. Deve mantenere anzi lo status di stile di vita con tutte le pratiche socializzazione che comprende. Va salvata quindi dal rincaro prezzi, dai cambiamenti climatici, dalle modalità industriali di coltivazione e allevamento che sempre di più vengono utilizzate per ottimizzare la produzione, e dagli stili di vita generati dai tempi moderni, in cui il consumo del pasto non viene più vissuto come un momento di piacere dello stare a tavola con gli altri ma diviene soltanto un fugace fabbisogno fisiologico. Occorre quindi salvaguardare gli aspetti puramente sociali dell’alimentazione nostrana tramite iniziative e programmi educativi e didattici specifici, in modo che le persone possano continuare a stabilire e coltivare relazioni e consolidare legami. Dopotutto, questa dimensione conviviale era stata individuata secoli or sono dallo scrittore e filosofo greco Plutarco che affermò: “Non sediamo a tavola per mangiare, per mangiare insieme”.
Bibliografia e sitografia
- Asti Coldiretti, 2024, La Dieta Mediterranea conquista il primato a livello mondiale, Asti.Coldiretti.it. Disponibile in: (link)
- Aureli V., Rossi L, Nutrition Knowledge as a Driver of Adherence to the Mediterranean Diet in Italy, Frontiersin.org. Disponibile in (link)
- Camporesi P, 1980, Alimentazione, folclore, società, Parma, Pratiche
- Dinu M, Lotti S. Pagliai G, Pisciotta L., Zavatarelli M, Borriello M, Solinas R, Galuffo R., Clavarino A, Acerra E., Sofi F., 16 agosto 2021, Mediterranean Diet Adherence in a Sample of Italian Adolescents Attending Secondary School,National Library of Medicine. Disponibile in: (link)
- Douglas, M., 1985 Antropologia e simbolismo. Religione, cibo e denaro nella vita sociale, Bologna, Il Mulino, ed. originale 1975-1982
- Health.usnews, 2024 , Best Diets Overall 2024, health.usnews.com. Disponibile in: (link)
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- Poulain J., 2008, Alimentazione, cultura e società, Bologna, Il Mulino
- Simmel G, 1896, Sociologia del pasto, in Estetica e sociologia, Roma, Armando
Autore
David Fabbri
Laureato nella triennale in Lettere Moderne e nella magistrale in Teorie della Comunicazione presso l’Università degli Studi di Firenze. Giornalista pubblicista dal 2014, collabora con varie testate e radio raccontando di cultura, sport e attualità.