Cultura e Società

Scrittura Generativa: una scuola di pensiero, una pratica di cittadinanza

Intervista ad Alessandra Anichini

di Tommaso Caleri | 29 05 2025

Di cosa parliamo in questo articolo? 

In questa intervista ad Alessandra Anichini approfondiamo la Scrittura Generativa, uno dei filoni di ricerca del Centro Ricerche sAu ed elemento fondativo all’interno del progetto Lettere ad un maestro. Gli studenti e le studentesse scrivono a don Lorenzo Milani.

Iniziamo col presentare questo nuovo modo di intendere la scrittura, che si distingue da metodologie apparentemente simili o che potrebbero ricordarlo, definendone le caratteristiche essenziali. L’articolo continua con un approfondimento sulla sua sperimentazione nel progetto Lettere ad un maestro: come si è scelto di lavorare sul concetto di autorialità e sugli obiettivi che si intendevano perseguire. Concludiamo con un approfondimento sul valore della scrittura, sulla sua importanza e sulla necessità di lavorare, oggi, per una scrittura che sia sinonimo di riflessione, analisi, argomentazione e, quindi, maturità.

Ambito di Intervento

Cultura e Società

Il Centro Ricerche sAu collabora da anni con scuole, Università, associazioni e istituzioni, lavorando sull’educazione alla cittadinanza attiva e consapevole per le giovani generazioni e sullo sviluppo delle competenze necessarie ad esercitarla.

Che cosa si intende per Scrittura Generativa? In che modo si distingue da altre forme di scrittura collaborativa o collettiva?

Partiamo dal nome. Abbiamo adottato il termine “generativa” riferendoci alla scrittura partendo dal paradigma della Comunicazione Generativa. Tuttavia, da qualche anno a questa parte ci siamo resi conto che oggi l’espressione scrittura generativa è per lo più legata all’utilizzo delle chatbot e dell’intelligenza artificiale, che non solo simulano il linguaggio umano, ma sono ormai in grado di redigere interi testi autonomamente. Questa evoluzione è sotto gli occhi di tutti. Se oggi parlassimo all’estero di generative writing, si penserebbe subito a testi prodotti da macchine.

Alla luce di questo scenario, abbiamo identificato tre elementi fondamentali che definiscono la nostra idea di Scrittura Generativa, distinguendola nettamente da quella automatica. Il primo è l’intenzionalità, intesa come consapevolezza e assunzione di responsabilità. Scrivere è un atto profondamente umano perché dà forma e significato alla storia dell’umanità stessa — basti pensare che la storia comincia proprio con l’invenzione della scrittura.

Questa intenzionalità implica che l’autore agisca in modo deliberato e si assuma la responsabilità di quanto scrive. A differenza delle macchine, l’essere umano mette la firma su ciò che crea, si espone, si riconosce autore. Oggi, in un contesto in cui non è sempre chiaro chi scrive cosa, questa consapevolezza diventa ancora più preziosa.

Il secondo concetto riguarda la dimensione collettiva e collaborativa della scrittura. L’autore non è necessariamente una figura isolata. In molti casi, come accade nei nostri progetti, la scrittura nasce da un lavoro condiviso, da una pluralità di voci che operano insieme e si confrontano, anche attraverso testi e documenti. La Scrittura Generativa è, 

Progetto

Lettere ad un maestro

Gli studenti e le studentesse scrivono a don Lorenzo Milani

Una sperimentazione di Scrittura Generativa, realizzata dal Centro Ricerche sAu, che ha coinvolto oltre 200 ragazzi e ragazze di 10 classi delle scuole Secondarie di Secondo Grado della Città Metropolitana di Firenze, che hanno scritto 10 lettere su tematiche relative all’educazione civica.

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dunque, frutto di un processo partecipativo. Infine, c’è la progettualità: la scrittura genera effetti concreti, incide sulla realtà. John Langshaw Austin con la sua teoria degli atti linguistici parlava proprio di “fare cose con le parole”. Nel nostro caso, la scrittura è parte integrante dei processi di progettazione: dal documento iniziale a quelli operativi, fino ai risultati finali. È una scrittura trasformativa, che produce cambiamento.

In merito al progetto Lettere ad un maestro e alle lettere che hanno scritto i ragazzi e le ragazze, come si garantisce che un’opera a più mani sia davvero frutto di processi individuali ma anche di lavori collettivi?

A dire il vero, non è facile garantirlo. Noi ci abbiamo provato ispirandoci al metodo di don Lorenzo Milani, adattandolo agli strumenti di oggi che, almeno in teoria, dovrebbero agevolare il lavoro.

L’obiettivo è far sì che ciascun partecipante si senta autore del testo. Ma perché questo accada, non può essere uno solo a scrivere mentre gli altri osservano. Tutti devono contribuire. Il risultato dev’essere un prodotto collettivo, cresciuto grazie all’apporto di ogni componente del gruppo.

Don Milani stesso, per un lavoro di questo tipo, non iniziava da un brainstorming, ma da una scrittura individuale. Ogni studente era invitato a esprimersi su un tema specifico, i testi venivano successivamente letti insieme e analizzati per costruire una scaletta condivisa, evidenziando i punti centrali. A partire da quella traccia si produceva un nuovo testo, sempre individualmente, che veniva poi nuovamente discusso e affinato fino alla stesura finale, essenziale e comunicativamente efficace. Questo processo, però, funziona solo con piccoli gruppi: nel nostro caso, con classi numerose, abbiamo dovuto lavorare per sottogruppi.

Lo scopo era trovare un equilibrio tra espressione individuale e scrittura collettiva, e anche se è un percorso complesso e impegnativo, è estremamente formativo. Scrivere richiede tempo e dedizione, elementi spesso sacrificati nell’era della velocità e dell’automazione. Ma è proprio attraverso la scrittura che si esercitano pensiero critico, riflessione e capacità di confronto.

La scuola come luogo di crescita identitaria

La Noterella fa luce sui dati raccolti nell’ambito della ricerca quantitativa del progetto Migrant children’s participation and identity construction in education and healthcare (PRIN 2017), con un focus su contraddizioni e criticità della comunicazione fra docenti, studenti, genitori, medici e operatori sanitari.

Riguardo agli altri due aspetti della Scrittura Generativa, l’intenzionalità e la progettualità, può approfondirne l’applicazione concreta all’interno del progetto?

L’intenzionalità è legata al concetto di autorialità come interpretazione. Abbiamo lavorato molto sul rapporto con le fonti, un aspetto spesso trascurato nei testi prodotti dalle macchine, che tendono a riproporre contenuti generici tratti dal web.

Questo ci ha portato a riflettere su come educhiamo i ragazzi e le ragazze alla selezione e all’analisi delle fonti: da dove vengono le informazioni? Chi le fornisce? Qual è il punto di vista implicito? E qual è il nostro quando le rielaboriamo? È un tema formativo centrale, soprattutto in un’epoca in cui siamo sommersi da dati spesso privi di contesto.

Ho lavorato a lungo sui testi scolastici, e quando si iniziò a proporre l’uso del web per la ricerca storica, si pensava che fosse utile per abituare gli studenti a confrontarsi con punti di vista diversi. Tuttavia, per una mente in formazione, la frammentazione può essere disorientante se non ha prima imparato a riconoscere un filo logico. Solo conoscendo un punto di vista si può poi arrivare a metterlo in discussione.

Per quanto riguarda la progettualità, le lettere scritte dai ragazzi e dalle ragazze affrontano temi cruciali della contemporaneità: ambiente, inclusione, discriminazione. Hanno preso come riferimento l’Agenda 2030, ma non in modo formale: ogni tema è stato approfondito con indagini, riflessioni, contenuti veri. L’intento era usare la scrittura per riflettere, denunciare, comprendere. La scrittura non è solo espressione, ma studio e consapevolezza.

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Perché ritiene fondamentale proporre processi di Scrittura Generativa nelle scuole?

La scrittura oggi va difesa. Nelle recenti indicazioni nazionali per la scuola primaria e dell’infanzia si è sottolineata la sua importanza, ed è un punto che condivido, anche se il resto del documento ha un’impostazione discutibile.

Difendere la scrittura non significa solo insistere sulla grammatica o sullo stile, ma valorizzarla come strumento di riflessione, analisi e argomentazione. E proprio l’argomentazione è ciò che rischia di perdersi: se non sappiamo costruire un ragionamento, non siamo nemmeno in grado di valutare quelli altrui, e possiamo diventare vittime di una comunicazione vuota o manipolatoria.

Insegnare a scrivere è anche insegnare a leggere in modo critico. Inoltre, imparare a scrivere insieme significa condividere il pensiero, metterlo a disposizione degli altri, costruire un sapere comune. Scrivere è un’attività che arricchisce sia individualmente che collettivamente, purché sia fatta nel modo giusto.

Non vogliamo una scrittura preconfezionata, dettata da schemi o frasi da evitare, ma una scrittura viva, fatta di pensiero, espressione e condivisione. Questo è il nostro obiettivo.

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Autore

Tommaso Caleri

Laureato in Pratiche, linguaggi e cultura della comunicazione presso l’Università degli Studi di Firenze. È collaboratore presso il Centro Ricerche “scientia Atque usus” per la Comunicazione Generativa ETS.

Intervistata

Alessandra Anichini

Socia fondatrice del Centro Ricerche “scientia Atque usus” per la Comunicazione Generativa ETS e prima ricercatrice INDIRE – Istituto Nazionale per la Documentazione, l’Innovazione e la Ricerca Educativa.