Da scarti in pietre d’angolo
30 08 2023
Mario Lancisi, giornalista e scrittore, in passato inviato del Tirreno e collaboratore dell’Espresso, oggi collaboratore per il Corriere Fiorentino, con questo volume, uscito in occasione del Centenario della nascita di don Milani, ripercorre la vita del Priore offrendo documenti inediti e interviste con persone che, nella loro vita, hanno avuto un legame di grande significato con don Milani. Ne emerge la figura di un uomo che la storia porta fino a noi come un eccezionale maestro e prete, un uomo, però, con un vissuto così denso – come spiega Lancisi – che sarebbe un grave errore idealizzare. Per evitare di correre questo rischio Lancisi ha scelto di basare il suo racconto critico sull’aspetto di obbedienza/disobbedienza, una compresenza che ancora oggi duriamo fatica a comprendere. Dall’affresco di Lancisi ne esce un mondo cattolico milaniano che aveva destato nell’Italia degli anni ‘50 un grande interesse, a partire da Indro Montanelli che, in una lettera, ringrazia don Milani di pensare e scrivere “in quel modo”.

Ammirazione umana che si ritrova anche in Pasolini, Pistelli, Dorigo, Mazzolari, Balducci, Citterich e tanti altri. Ma oggi cosa rimane di don Milani? Come possiamo attualizzare il suo pensiero e la sua azione?
Lancisi cerca di dare una possibile risposta con il suo volume – chiaro, ricco di citazioni dai documenti pubblici e privati del Priore -, sostenendo che don Lorenzo è un sacerdote, un educatore fortemente innovativo, un cristiano del futuro che, per chi lo ha incontrato fisicamente o ne ha letto gli scritti, inquieta le coscienze ma anche l’agire diretto. «Nella mia memoria don Lorenzo rappresenta un morto irrequieto, che non lascia vivere in pace. Me lo porto dietro così, come un aculeo, un dubbio grave della coscienza: sono questi, dopo tutto, i morti che non muoiono mai», queste le parole riportate da Lancisi nel volume, riprendendo un’affermazione fatta da Gigi Ghirotti su Comunità nell’ottobre 1967 (p.293).
L’attualità del pensiero milaniano la si ritrova nella contemporaneità dei problemi mai risolti e, invece di rovesciare la responsabilità su chi ne ha denunciato le criticità, dovremmo raccogliere le vie d’uscita proposte allora e, se opportunamente attualizzate, ancora validissime.
Nella scuola contemporanea la dicitura “merito” accostata alla parola “istruzione” stride con Barbiana, il luogo in cui il preferito era l’ultimo: si trattava – e si tratta oggi – di rovesciare una piramide come punto massimo della lotta contro l’egemonia della classe dominante, dove non c’è posto per la meritocrazia, perché la scuola deve puntare sugli ultimi, avviando un vero processo democratico di eguaglianza e rinnovamento della società.
Le parole del Presidente della Repubblica, pronunciate il 27 maggio a Barbiana per inaugurare il Centenario della nascita di don Lorenzo, avvalorano l’idea sostenuta da Lancisi: la scuola – ha sostenuto – deve essere leva per contrastare le povertà, dando nuove opportunità a chi non ne ha. Il Presidente Mattarella ha parlato del priore come di un “testimone coerente e scomodo” per la comunità civile e religiosa, sottolineando il ruolo della scuola scuola come luogo di promozione e non di selezione, una “fede dai modi impetuosi”, portatore di un messaggio che si è propagato con forza. Affermazioni, queste, che stanno alla base di quanto il Presidente ha sostenuto riguardo al linguaggio: «la povertà di linguaggio genera discriminazione, la scuola deve essere di tutti e per tutti». Parole importanti pronunciate davanti a chi ha oggi il compito di gestire un’emergenza di povertà educativa che cresce ogni giorno di più.
Lancisi, nell’ultima parte del suo volume, ci ricorda che la riabilitazione di don Milani era già cominciata con Paolo VI nel 1977, seguita poi dalla visita a Barbiana da parte di Papa Francesco nel 2017. Un percorso che ha visto la Chiesa riparare al trattamento ingiusto e alla questione dolorosa che aveva avuto come protagonista il Priore: in merito a questo dobbiamo chiederci oggi se vogliamo che gli ultimi siano di nuovo contrapposti “ai Gianni”; oppure se vogliamo continuare a lavorare e vigilare affinché questo non succeda mai più, cercando di valorizzare ciò che il Priore ci ha lasciato: l’attenzione all’uguaglianza, ai valori universali, alla Costituzione, alla libertà.
Chiude il volume la testimonianza inedita di due persone vicinissime a don Milani: Adele Corradi, amica e collega nella scuola Barbiana, e Francesco Gesualdi, tra i primi a sedersi tra i banchi della classe che ha fatto storia. Commuove il ricordo, riportato da Adele Corradi, della prima frase di Marcello, giovane allievo del Priore con evidenti difficoltà di parola, e della reazione di don Milani a quel quasi miracolo, che lo aveva portato a parlare. Così come non può non coinvolgere la descrizione dell’amore infinito e non corrisposto di Carla Sborgi o, ancora, l’incontro dell’ormai malato Michele Gesualdi con l’abbraccio del Papa.
Un volume denso di ricordi, aneddoti, ma soprattutto riflessioni sull’attualità di don Milani. Una spinta a continuare ad approfondire e a sperimentare operativamente le parole lasciateci in eredità dal Priore.
Cultura e Società
Il Centro di Ricerche sAu è impegnato da tempo nell’Ambito “Cultura e Società” per valorizzare un’idea di conoscenza non egemonica ma come costruzione di un bene comune. Frutto, cioè, di collaborazione e cooperazione fra ambiti socio-culturali ed economici fino ad oggi tenuti rigorosamente distinti, quanto strategicamente gerarchizzati.
Una dimensione, quella culturale, che è, al tempo stesso, fortemente simbolica, immateriale ma che si esprime come organizzazione sociale in strutture e dinamiche rigorosamente materiali.
Valentina Vespi
Ricercatrice del Centro Ricerche scientia Atque usus per la Comunicazione Generativa ETS.
Membro della redazione dei Quaderni di sAu
Giornalista Ordine Giornalisti della Toscana