Le “passioni tristi” dei nostri giovani e la “società del controllo”

Sanità e salute

Le “passioni tristi” dei nostri giovani e la “società del controllo”

Che cosa dicono i numeri

di don Andrea Bigalli | 28 06 2023

Di cosa parliamo in questo articolo?

Errore grave quello di valutare le generazioni paragonandole tra di loro: ognuna ha avuto, ha, e avrà, limiti e potenzialità diverse. Quelle che adesso stanno formandosi sembrano segnate dal concetto di dipendenza, articolato su più elementi. Colpisce quanta sia l’ostilità intergenerazionale: non ci si ribella agli adulti, ma ci colpisce mediaticamente tra coetanei. Gli adulti fanno fatica a assumere il loro ruolo educativo, addirittura a capire cosa realmente i giovani stiano vivendo. Occorre sottoscrivere un patto tra le diverse generazioni, per definire e affrontare le sfide globali per la realizzazione del futuro.

Ridarsi reciprocamente passione di vivere, con un ruolo fondamentale in ciò da affidare alla cultura.

Ambito di Intervento

Sanità e salute

Il Centro Ricerche sAu da anni è impegnato in questo ambito realizzando progetti nell’ambito della prevenzione della salute ponendo al centro contenuti medico-scientifici autorevoli realizzati in collaborazione con esperti. 

Nel corso degli ultimi anni mi tengo sotto controllo per quanto riguarda le opinioni (meglio quelle che i referti delle analisi mediche, peraltro). Questo perché quanto si pensa e si esprime è occasione di un rischio: essere ormai troppo poco elastici nelle elaborazioni di pensiero per esprimere una valutazione libera dai pregiudizi generazionali. Ogni classe d’anagrafe che si è affacciata sul proscenio della storia ha dovuto fare i conti con le precedenti, che spesso hanno finito per esprimere valutazioni negative a suo carico. Essa stessa a sua volta lo ha fatto con la successiva. In realtà ogni generazione ha le proprie fragilità e le proprie potenzialità: anche quella che sta adesso compiendo il proprio percorso di maturità. Se ci si vuol porre in una dimensione educativa efficace occorre aprire presto relazioni dialogiche con queste giovani persone, riflettendo insieme. Il tutto all’insegna di una dimensione di reciprocità: su un duplice versante. Da un lato bisogna lavorare a partire da quanto i giovani, le ragazze e i ragazzi dicono di sé. Dall’altro bisogna sempre tener presente quanto ci stanno insegnando. Prendendosi le responsabilità dell’autorità senza dimenticare quelle che loro stessi si devono assumere, verso sé stessi ma anche verso di noi educatori. Uno spettro si aggira per le nostre analisi e non riguarda solo i genitori: quello del paternalismo e del maternalismo.

Fatte queste premesse, i dati che ci vengono presentati dallo studio Dipendenze comportamentali nella Generazione Z, frutto di un accordo tra il Dipartimento Politiche Antidroga della Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Centro Nazionale Dipendenze e Doping dell’Istituto Superiore di Sanità], sembrano indicare una scarsa affezione verso sé stessi di questi ragazzi e ragazze. Mi colpisce il livello di ostilità che talora rivelano a livello intergenerazionale, che esprime propriamente questa difficoltà ad apprezzarsi, a valutare il proprio valore personale. Mi viene da pensare che se dovessero avercela con qualcuno dovremmo essere noi, i mancati adulti di riferimento. Si evidenzia una difficoltà degli adulti a capire cosa realmente i loro figli sentano e pensino, quale sia la loro autentica condizione di vita. Se è vero che un livello di riservatezza è anche salutare, e di conseguenza non tutto occorre sapere in una relazione parentale giovani\adulti, è evidente che se non si ascolta, se non si mette in condizione di essere ascoltati, non si può pensare di avere la situazione sotto controllo.

Progetto

Master in Comunicazione Medico-Scientifica e dei Servizi Sanitari

Il Master, organizzato dal Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica dell’Università di Firenze in collaborazione con il Centro Ricerche sAu, ha come obiettivo quello di realizzare progetti nell’ambito della promozione della salute nelle scuole. 

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Il disagio che ci viene descritto non origina certo solo da questo livello. Ma si deve anche riflettere che se il senso di isolamento comincia tra le mura di casa, le fatiche nel realizzare un proprio equilibrio si moltiplicano. Il senso di solitudine che talora si avverte stando in mezzo ai giovani diventa sempre più evidente. Dà da pensare quanto poco diamo loro per superarlo. Se è evidente che queste sono le dipendenze – risposte dolorose e debilitanti a domande più che legittime di felicità – è altrettanto chiaro che le alternative ad esse non sembrano disponibili, praticabili, degne di interesse.  Non è certo il mercato globale, in cui anche arte, sogni e sentimenti sono ridotti a merce e fattore economico, a dare motivi adeguati per affrontare il vivere sociale. Peraltro ricordiamo che le dipendenze stesse sono un potenziale economico micidiale e a molti conviene (in primis le mafie, per quanto riguarda ciò che è illegale) che si moltiplichino e raggiungano sempre più soggetti.

Le dinamiche di fuga dalla realtà sembrano tessere le dipendenze più diffuse. Ribadisco, sono colpito da quelle che originano forme di comunicazione patologica nei confronti dei propri stessi coetanei, e da come siano diffuse. Sembrano ribellarsi tra di loro, non contro chi possono identificare come i responsabili delle loro difficoltà. Gli adulti in taluni casi appaiono ai loro occhi come totalmente dequalificati ad affrontare il dialogo: molti di essi infatti si arrendono in partenza, rinunciando a impostare un serio lavoro educativo. Dubito che si possa far risalire questa situazione alla pandemia, che semmai ha accelerato un processo, senza certo averlo generato. La situazione epocale che abbiamo vissuto ha sicuramente colpito i più giovani, limitandoli nella loro fisiologica necessità di comunicazione sociale, peraltro da tempo più collocata nel mondo virtuale che nella concretezza di incontri in presenza. Ma i fattori di criticità erano già tutti presenti. Se le dipendenze che si attuano con strumenti tecnologici sono appannaggio principale dei nativi digitali, è anche inevitabile annotare che spesso sono gli stessi genitori a essere imprigionati nelle spire del web, come a narrarci un intreccio di solitudini perpetuato come eredità esistenziale.

Intanto bisogna valutare con sofferenza lo spreco immane di una potenzialità di felicità, quale solo la prima età dell’esistenza garantisce. In una stagione della vita in cui si dovrebbe fare i conti con una aspettativa di pienezza, i giovani sembrano costretti all’incompletezza. Come scriveva Italo Calvino quest’ultima è statuizione inevitabile della giovinezza: ma tale incompiutezza sembra adesso connotarsi in una serie impressionante di sbarramenti. Vie negate o estremamente difficili da percorrere, al lavoro, all’autonomia economica ed abitativa, all’assenza di guerre, a un buon rapporto con i propri ecosistemi, in una prospettiva storica definita e rassicurante. In una parola: uno sbarramento al futuro. Ecco, l’ansia di futuro mi sembra la fatica più grande che viviamo, e con cui ci contaminiamo reciprocamente. È un dato composto da fattori oggettivi (il concetto di crisi globale, con cui saranno narrate dalla storiografia che sarà le nostre esistenze) ma anche soggettivi, del senso di vivere a livello personale. La passione di vivere rimane estranea a molti, sembriamo condannati alle passioni tristi di cui parlano Miguel Benasayag e Gérard Schmit (peraltro citando Spinoza). Su questo piano non mi sembra ci sia molta differenza tra figli\e e madri\padri. Appaiono più vitali e combattivi le nonne e i nonni, sovente veri archi di volta delle strutture familiari. È come se il gusto di vivere si fosse smarrito lungo il filo delle generazioni

Dalle Anteprime della Library di sAu

L’impegno del Centro Ricerche sAu nell’Ambito “Salute e Sanità”

Vuoi approfondire i temi relativi a “Salute e Sanità” che sono trattati nell’articolo consultando la documentazione che abbiamo prodotto o utilizzato per le nostre attività di ricerca?

Quindi, ci resta la domanda più difficile, quella necessaria: che fare? Sicuramente il primo passaggio è osservare ed ascoltare, dichiarando in modo esplicito che anche noi adulti abbiamo bisogno di aiuto, pur sui livelli diversi che si definiscono per esperienze e competenze. Non è certo una rinuncia alla responsabilità educativa, anzi: la definisce nell’autorità della reciprocità. A noi adulti resta l’onere della sintesi e della decisione, la parola che comporta la ferma volontà a prendersi carico e cura. Dobbiamo sottoscrivere un patto intergenerazionale per il futuro e il buon vivere, che si strutturi su necessità finora negate: un pieno accesso al bene comune e i molti beni in comune che lo qualificano. Con un occhio di privilegio ai poveri (moltissimi di essi, nel contesto globale, sono proprio i giovani), e ricordando che un bene fondamentale è la cultura e ciò che ci motiva a desiderarne (e quindi pretenderne) una. La cultura che intendo io è quella che guida a identificare il significato di sé, della propria identità migliore: l’ermeneutica costante ai significati della cura, della tutela, dell’affermazione di ciò che è negato, nascosto, silenziato. Il ridarsi la prospettiva degli orizzonti alti e luminosi delle utopie, la giustizia, la pace, il vivere decoroso per ogni membro della famiglia umana. Il senso della ribellione per amore e nei mezzi dell’amore. La passione di esistere che si fa com\passione ed empatia con ogni essere vivente.

Se ci sembra che le generazioni ultime ci diano risposte deludenti è perché poniamo sfide minimali, domande deludenti nella mediocrità delle nostre motivazioni, delle idealità appassite benché assolutamente necessarie. Se alzeremo il tono della richiesta elaborandola insieme, ci stupiremo delle potenzialità che abbiamo evocato, che si possono scatenare contro questa pestilenza esistenziale del vivere compressi ed oppressi. Per la tristezza di questa fase ci vuole l’enormità di un desiderio di vita che non si può essere totalmente inabissato. Nella certezza che è bene farsi turbare dal sospetto che “è la vita, più che la morte, a non avere limiti”. Per citare Gabriel Garcia Marquez e quanto sia necessario “L’amore ai tempi del colera”.

Bibliografia

  • Benasayag, M., Schmit, G. (2013) L’epoca delle passioni tristi. Milano: Feltrinelli Editore. 
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  • Pandolfini, E., Capitini, L., Marchionne, I., Sbardella, M., Davini, V. (2023), Generative Communication Paradigm to Study the Imaginary about Childbirth. How Science Communication Can Promote Health Literacy, in Metzner (editor) On the Interplay of Images, Imaginaries and Imagination in Science Communication, Firenze: Olschki.
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La Library di sAu fa parte di Atque, l’Ambiente Integrato con cui realizziamo strategie di Comunicazione Generativa, in collaborazione con i partner di Progetto, e documentiamo le nostre attività di ricerca.
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Autore

Andrea Bigalli 

Membro del Comitato Tecnico-Scientifico del progetto Centro di Documentazione e di Comunicazione Generativa “don Lorenzo Milani e Scuola di Barbiana”

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