Una riflessione scientifica tra competenze digitali, scuola e famiglia

Cultura e Società

Una riflessione scientifica tra competenze digitali, scuola e famiglia

Intervista a Ida Cortoni

di Valentina Vespi | 16 11 2023

Di cosa parliamo in questo articolo?

Con la professoressa Ida Cortoni, riflettiamo sul tema delle competenze digitali, parlando delle relazioni che, in anni di grande cambiamento tecnologico e sociologico, si sono instaurate tra scuola e famiglia, trattando di adolescenza, di privacy e di politiche educative attive oggi nel nostro sistema “educazione”. Una conversazione che analizza le criticità attuali e si interroga su quale comunicazione e quali competenze siano state raggiunte da docenti e famiglie per potersi confrontare con studenti/adolescenti sempre più diversi rispetto al passato.

Il punto di partenza di questa intervista è stato il volume “Digital Safety. Il ruolo della famiglia e della scuola” di Ida Cortoni, edito da Carocci a giugno 2023, un approfondimento scientifico per cercare di capire la comunicazione e le relazioni in un mondo complesso come quello dell’educazione.

Ambito di Intervento

Cultura e Società

Se vogliamo che la complessità sia un valore e non una fonte di crescenti problemi, è necessario elaborare una visione e delle pratiche che ridefiniscano il rapporto fra scientia e usus.

INTRODUZIONE

Intervistare la Prof.ssa Ida Cortoni vuole dire approfondire il mondo della scuola, delle competenze digitali e delle relazioni che si stabiliscono oggi tra adolescenti, famiglia e scuola. Nel suo volume, l’autrice prende in esame il tema della diffusione delle competenze digitali fra gli adolescenti italiani, a scuola e in famiglia, illustra i risultati di un’indagine svolta a livello nazionale sull’argomento, si interroga su quanto i ragazzi siano in grado di  proteggere i propri dati online e di autoregolarsi per una fruizione corretta dei  media. Con noi del Centro Ricerche sAu, attivi nel progetto del Centro di documentazione e comunicazione generativa “don Lorenzo Milani e Scuola di Barbiana”, l’autrice approfondisce queste tematiche con una particolare attenzione alle attuali politiche educative, riflettendo su quello che è stato il messaggio milaniano e chiedendosi come esso possa essere attualizzato in una società sempre più digitalizzata. Un viaggio tra competenze e comunicazione oggi, che non offre soluzioni, ma idee per migliorare e rendere consapevoli adolescenti, famiglie e scuola nella società digitale che viviamo quotidianamente.

Di quale benessere oggi possiamo parlare riguardo agli adolescenti?

Dal punto di vista sociologico, il concetto di benessere nell’era digitale è complesso e articolato in quanto richiama la tutela dell’io individuale e sociale, sia quando si usano le tecnologie in un contesto socioculturale, “offline”, sia quando si naviga all’interno degli ambienti virtuali, “on line”.

 

Come possiamo trasformare le capacità di ognuno in comportamenti virtuosi dal punto di vista sociale e culturale?

Il potenziamento delle capabilities di ciascun cittadino, compresi gli adolescenti, rispetto anche al digitale, è centrale per implementare il senso di responsabilità e la consapevolezza nell’uso dei diversi dispositivi mediali. L’investimento sull’educazione digitale rappresenta la chiave per il potenziamento delle competenze digitali del cittadino e per garantire una autonomia di azione critica e consapevole. Nel caso dei giovani, la famiglia e la scuola rappresentano le principali agenzie su cui puntare in termini di sostegno culturale e materiale, utili ad agevolare l’inclusione socio culturale delle nuove generazioni.

Progetto

Centro di Documentazione e di comunicazione generativa “Don Lorenzo Milani e Scuola di Barbiana”

Favorire la creazione di una comunità impegnata a riflettere su questioni sociali, culturali e religiose ispirate al magistero e alla testimonianza di don Milani con l’intento di superare le attuali criticità legate alla comunicazione, all’inclusione e all’accoglienza, sulle quali il pensiero e le pratiche di don Milani ancora oggi offrono spunti fondamentali.

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Per lei che si occupa dell’oggi, è possibile  attualizzare il pensiero milaniano?

Dal punto di vista educativo, la scuola ha rappresentato per don Milani – e rappresenta tuttora – il principale ambiente di contrasto della povertà educativa, il luogo delle opportunità e della stimolazione delle potenzialità dei bambini, a prescindere dal contesto socioculturale di appartenenza. Essa è il luogo della valorizzazione delle diversità e del talento individuale, messo a disposizione per la comunità e per l’altro. Tale visione democratica e moderna della scuola sembra riflettere l’atteggiamento atteso delle istituzioni educative rispetto alle opportunità comunicative e linguistiche dei media e alle possibilità implicite di potenziamento delle competenze trasversali per ridurre forme di povertà educativa e digitale.

Quale confronto si attiva da parte degli adolescenti rispetto agli adulti in merito alle competenze digitali?

Le competenze digitali possono rappresentare sia un muro che un ponte nella relazione intergenerazionale, ovvero un ambiente di confronto e avvicinamento culturale e sociale tra diverse generazioni. I consumi mediali fra adulti e giovani sono inevitabilmente diversi, il bagaglio di conoscenze e capacità di utilizzo dei devices sembra così lontano, anche in termini di capacità di interpretazione critica dei messaggi mediali e dei meccanismi di funzionamento dei sistemi mediali, da rendere tali generazioni troppo lontane per convergere. Eppure la diversità di consumo e la diversità di conoscenza può diventare proprio l’input alla base di una condivisione e di una conoscenza reciproca, un input di avvicinamento intergenerazionale grazie al confronto negli usi, al rispetto reciproco delle diverse competenze (analogiche e digitali) e alla predisposizione verso l’insegnamento e l’apprendimento nella difficoltà dei tempi, nella velocità dei cambiamenti socioculturali e comunicativi e nel riconoscimento del valore conoscitivo e culturale che ogni generazione porta con sé.

La scuola come luogo di crescita identitaria
La Noterella fa luce sui dati raccolti nell’ambito della ricerca quantitativa del progetto Migrant children’s participation and identity construction in education and healthcare (PRIN 2017), con un focus su contraddizioni e criticità della comunicazione fra docenti, studenti, genitori, medici e operatori sanitari.

Quale conoscenza delle competenze digitali possiamo rintracciare nella scuola?

La scuola al tempo digitale ha sviluppato gradualmente l’accettazione dell’importanza di integrare i nuovi linguaggi della comunicazione fra le strategie e gli strumenti educativi tradizionali e quotidiani, per garantire lo svolgimento della sua principale funzione scolastica: quella di educere ed edere. Tale consapevolezza è spesso accompagnata dall’atteggiamento prudente rispetto alle metodologie di integrazione e di adozione di nuovi strumenti comunicativi in processi pedagogici consolidati, nella consapevolezza che solo il mezzo o la conoscenza tecnica del medium non determinano automaticamente l’innovazione  attraverso il digitale. La questione è prevalentemente culturale, ovvero legata alla diffusione e al consolidamento di pratiche ed esperienze di Media Education – supportate da metodo pedagogico e dall’analisi sociologica dell’ambiente di utilizzo – che nel tempo contribuiscono a costruire nuove abitudini e identità di educatori, consapevoli non solo delle ragioni alla base dell’uso della media education a scuola, ma anche delle metodologie di applicazione operativa della stessa nella quotidianità.

Pensando al capitale culturale oggi, quale influenza si percepisce e rileva?

Rispetto alla relazione fra capitale socio-culturale ascritto all’ambito  familiare e le competenze digitali degli adolescenti, dai risultati della ricerca “Digital safety” condotta tra il 2020 e 2022 su un campione di 2800 adolescenti e le loro famiglie, emerge come il capitale culturale risulti particolarmente influente sullo sviluppo del benessere digitale, incidendo su due dimensioni specifiche della safety: la protezione del device e la protezione di dati. In entrambi i casi la relazione è direttamente proporzionale, nel senso che il grado di consapevolezza digitale degli studenti aumenta all’interno delle famiglie con capitale socio-culturale medio alto e diminuisce in quelle con capitale socio-culturale familiare basso. La stessa competenza digitale genitoriale non solo comporta un implemento della safety mediale dei propri figli, ma potrebbe intervenire anche nel ripristinare forme di relazione dei genitori con le giovani generazioni in grado di ridurre il gap comunicativo, spesso accentuato dalla diversità conoscitiva e comportamentale dei giovani e degli adulti rispetto all’uso dei devices tecnologici. In tal senso, l’investimento sulla cultura, anche digitale, potrebbe avere conseguenze positive anche sul capitale sociale familiare, contribuendo a rafforzare i legami emozionali e conoscitivi tra genitori e figli, replicabili anche in altri contesti socioculturali, non necessariamente mediati dal digitale.

Uno dei punti centrali: le relazioni oggi. Quale relazione esiste tra studenti e genitori? E quale rapporto si ha tra scuola e famiglia? Sono relazioni strutturate o lasciate al caso del momento?

La ricerca nazionale Digital Safety, condotta dalla Sapienza Università di Roma fra il 2020 e il 2022, dimostra attraverso i risultati di una indagine condotta su 2800 adolescenti e le loro famiglie, come sebbene non sempre esista una relazione trasmissiva intergenerazionale in termini di abitudini e comportamenti fruitivi mediali fra genitori e figli, è possibile riconoscere forme di contaminazione culturale bottom up o top down all’interno della famiglia, che condizionano la relazione dei giovani con i media e lo sviluppo di competenze digitali. Ad esempio dai risultati della ricerca è emerso come il capitale socio-culturale della famiglia (legato al titolo di istruzione dei genitori e al ruolo professionale) influenzi lo sviluppo delle competenze digitali di safety orientate alla protezione dei dati e su quella dei devices mediali.  E’ importante inoltre sottolineare come la presenza di una relazione intra-familiare nella condivisione di esperienze mediali sia centrale per lo sviluppo delle competenze digitali di safety degli adolescenti e per la tutela del benessere digitale.

Dai risultati della ricerca è poi emerso come  quando la scuola non riesca a intervenire per l’implementazione del benessere degli adolescenti, il territorio può sopperire (come accade in alcune regioni) svolgendo un ruolo compensatorio e contribuendo alla riduzione del gap digitale socio-culturale. In tal senso, si costruisce e si mette in pratica il progetto di un sistema formativo integrato sul capitale digitale in cui le diverse agenzie di socializzazione, compresi gli enti governativi territoriali, possono supportarsi a vicenda compensando carenze culturali e materiali, frutto delle stratificazioni sociali e delle disuguaglianze culturali, al fine di garantire operativamente e politicamente il benessere socio-culturale a tutti i giovani cittadini.

Se parliamo con un docente di digital safety quale potrebbe essere la risposta?

L’espressione “digital safety” richiama la consapevolezza digitale del cittadino e rappresenta una dimensione della competenza digitale. Tale concetto è abbastanza noto e condiviso nel dibattito scientifico e politico internazionale perché ispirato e costruito partendo da indicazioni normative internazionali e da modelli trasversali di orientamento culturale e politico. Nel linguaggio quotidiano e pubblico ancora è poco condiviso e noto; quando si parla di consapevolezza digitale l’attenzione si focalizza soprattutto su fenomeni legati al cyberbullismo online, la pedopornografia, la dipendenza da Internet, il fenomeno del fishing; tuttavia altre questioni cominciano ad essere centrali quando si parla di digitale, quale ad esempio la questione della protezione dei dati personali, la tutela del copyright delle opere online, la condivisione di dati e metadati per fini commerciali e politici, nonché la questione della sorveglianza digitale. Tutte questioni emergenti con l’avvento della cosiddetta “Platform society” (Van Dijck et alii, 2019) di cui non sempre i cittadini sono consapevoli e per cui sarebbe opportuno intervenire attraverso percorsi di digital literacy.

Un altro tema importante è capire quali competenze digitali ci siano realmente oggi nelle famiglie italiane, lei cosa ci può dire?

Generalmente i genitori sembrano praticare con maggior frequenza una dieta multimediale, sfruttando frequentemente le opportunità di interazione e stimolazione cognitiva provenienti dai diversi devices rispetto alle giovani generazioni, che si focalizzano prevalentemente su un utilizzo assiduo di Smartphone e Internet. La dieta mediale dei genitori risulta dunque più eterogenea rispetto a quella dei ragazzi, che è prevalentemente digitale, ma focalizzata su un unico device, seppur multimediale. Il gap fra genitori e figli sembra particolarmente rilevante rispetto ai mass media o media analogici (come tv, radio, giornali e libri) in cui il consumo dei genitori è più accentuato rispetto a quello dei giovani. Tale gap si riduce quando la fruizione si focalizza sulle tecnologie digitali (uso di smartphone, pc, tablet, web…), permangono tuttavia differenze sulle attività e i contenuti consumati online. Così se gli adulti generalmente ricercano informazioni online con maggiore frequenza rispetto ai loro figli, i giovani guardano più video on line, anche attraverso le piattaforme, oppure ascoltano musica. Certamente gli adulti utilizzano più frequentemente le email e le videocall, mentre sono sporadiche tutte quelle pratiche relative alla partecipazione online, all’esposizione pubblica attraverso post, dirette sui social.  Proprio la mancanza di attivismo e coinvolgimento online avvicina entrambe le generazioni analizzate sulla fruizione del web.

Quale concetto e percezione oggi della privacy in ambito scuola e famiglia?

In generale, il quadro generazionale emergente dall’analisi dei dati della ricerca Digital Safety è abbastanza eterogeneo, nella misura in cui solo un terzo del campione possiede competenze di digital safety elevate, mentre tra il 20% e il 30% degli adolescenti sembra possedere basse competenze, soprattutto per quanto concerne la questione dei dati e della privacy. Gli adolescenti più giovani di età sembrano quelli più competenti, soprattutto se provenienti dai licei rispetto agli istituti tecnici e professionali. Il capitale soci- culturale familiare, poi, sembrerebbe condizionare soprattutto lo sviluppo di competenze di digital safety legate al benessere digitale (protezione dei dati e device). Nello specifico, dalla ricerca sono stati descritti due principali profili comportamentali di adolescenti rispetto al tema del benessere digitale e sociale : 1. i virtuosi digitali e 2. i virtuosi sociali. 

I primi sono  adolescenti, prevalentemente maschi, che pur avendo scarsa fruizione mediale e scarso attivismo e protagonismo in Rete, nel momento in cui utilizzano i media, lo fanno attivando alcune azioni accorte per proteggere i propri dati personali e la privacy. I virtuosi digitali sono anche quelli meno virtuosi offline, ovvero meno consapevoli e meno interessati alla tutela dell’ambiente contro i rischi di inquinamento provenienti dall’uso distorto delle tecnologie e meno attenti alla protezione della stessa salute fisica e psicologica. I virtuosi sociali, prevalentemente femmine, sono invece adolescenti attenti alla tutela dell’ambiente sociale e del proprio benessere fisico e psicologico quando utilizzano i media, hanno una dieta mediale variegata, comprensiva di consumi outdoor; quando utilizzano i media sono tuttavia meno attente alla protezione dei propri e degli altrui dati, nonché alla protezione dei devices tecnologici.

Per concludere, nonostante la vastità dell’argomento, ci può dare un parere sulle politiche educative nel nostro paese oggi?

Già nel 2019, l’investimento sulle competenze digitali per il cittadino è diventato uno dei principali assi alla base della strategia per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione del Paese (Italia 2025) che, attraverso l’azione 20, Repubblica Digitale e la Strategia Nazionale per le competenze digitali del 2020, propone di intensificare e rilanciare alcune linee politiche del precedente decennio con particolare riferimento a: l’implementazione della consapevolezza digitale; l’aumento delle competenze digitali di e-leadership e specialistiche, al fine di migliorare i servizi digitali della Pubblica Amministrazione; l’investimento sulle competenze digitali attraverso un processo di re-skilling dei lavoratori.

Tali azioni diventano propedeutiche per il raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda 2030 dell’ONU per lo sviluppo sostenibile,  soprattutto per quanto concerne la qualità dell’istruzione e l’attuazione di politiche in grado di ridurre le disuguaglianze socio culturali. Con il PNRR, poi, il governo Italiano sta certamente recuperando il terreno perduto appoggiandosi agli obiettivi recentemente illustrati dalla Commissione Europea (2021) nella Comunicazione “Digital Compass 2030”; tuttavia la strada da percorrere è ancora lunga, soprattutto per quanto concerne l’integrazione delle tecnologie nelle pratiche e abitudini quotidiane del cittadino.

Autore

Valentina Vespi

Ricercatrice del Centro Ricerche “scientia Atque usus” per la Comunicazione Generativa ETS. 

Membro della redazione dei Quaderni di sAu. 

Giornalista pubblicista Ordine Giornalisti della Toscana.

Intervistato

Ida Cortoni

Professore Associato di Sociologia dei processi culturali e comunicativi e Presidente del Corso di Laurea Magistrale in Design, Comunicazione Visiva e Multimediale, Facoltà di Architettura, Sapienza Università di Roma.