Recensione
Società complessa, competenze deboli. Cronaca di un disastro annunciato?
di Marco Sbardella | 10 04 2025
L’ultimo rapporto OCSE sui livelli di competenza degli adulti nel mondo, pubblicato a dicembre 2024, lancia un allarme chiaro: la società evolve più rapidamente della nostra capacità di comprenderla e affrontarla. A fronte di trasformazioni epocali – dalla rivoluzione dell’intelligenza artificiale alla crisi climatica, passando per un nuovo ordine geopolitico instabile e frammentato – una parte significativa della popolazione adulta risulta oggi priva delle competenze fondamentali per orientarsi in questo scenario.
E il nostro paese figura tra quelli con le performance peggiori in tutti e tre i domini analizzati – literacy, numeracy e problem solving adattivo.
Una premessa, prima di continuare con la recensione, è d’obbligo: rapporti di questo tipo devono essere valutati sempre con la dovuta attenzione, perché ridurre dimensioni per loro natura complesse – come le competenze umane – a indici numerici è sempre un esercizio di semplificazione che rischia di farci guardare all’oggetto della ricerca da una determinata prospettiva a discapito di altre possibili.
Con questo caveat, passiamo adesso a vedere alcuni elementi dello scenario che emerge dal report, puntando subito l’attenzione sui dati che riguardano il nostro paese.
Il Report
Do Adults Have the Skills They Need to Thrive in a Changing World?
Survey of Adult Skills 2023

Autore: OECD
Anno: 2024
Editore: OECD Publishing
Luogo di pubblicazione: Parigi
L’Italia perde terreno
Il report evidenzia che l’Italia non solo parte da livelli già molto bassi, ma non registra miglioramenti significativi rispetto al passato. Considerando in modo congiunto i tre domini (literacy, numeracy e problem solving adattivo), il 26% degli adulti in Italia (media OCSE: 18%) ha ottenuto un punteggio pari o inferiore al livello 1, il minimo.
Il divario tra adulti con bassa e alta istruzione rimane marcato, e le disuguaglianze generazionali e sociali si consolidano.
Ad aggravare il quadro, il basso livello di partecipazione degli adulti italiani a percorsi di formazione continua, che limita le possibilità di recupero delle competenze lungo l’arco della vita. Questo accade proprio mentre il mondo del lavoro richiede un aggiornamento costante delle abilità per adattarsi a nuove tecnologie, linguaggi e modalità produttive.
Cultura e società
Il Centro Ricerche sAu collabora da anni con scuole, Università, associazioni e istituzioni, lavorando sull’educazione alla cittadinanza attiva e consapevole per le giovani generazioni e sullo sviluppo delle competenze necessarie ad esercitarla.

La carenza di competenze fa male alla salute!
Il report mostra come le competenze cognitive di base non siano solo funzionali all’occupabilità, ma abbiano un ruolo decisivo nella partecipazione democratica, nel benessere individuale, nella salute e nella coesione sociale.
Infatti, gli adulti che raggiungono i più elevati livelli di competenza dichiarano una maggiore soddisfazione per la vita e godono di una salute migliore rispetto agli adulti che sono al livello 1 e inferiore, sia in Italia che in media nei Paesi OCSE
Nel nostro paese però, che già si registra una bassa fiducia nelle istituzioni e una partecipazione politica ridotta, il fatto che ampie fasce della popolazione non abbiano le capacità per interpretare l’informazione complessa o per orientarsi in ambienti digitali accresce il rischio di esclusione, polarizzazione e vulnerabilità alle fake news.
Un mondo che corre (troppo) veloce
Il rapporto sottolinea come la velocità con cui si evolvono l’AI generativa, l’automazione e le tecnologie digitali stia trasformando radicalmente il lavoro e la vita quotidiana. Ma mentre il mondo si “tecnologizza”, la preparazione cognitiva degli adulti non tiene il passo. Le competenze necessarie oggi non sono più solo tecniche o specialistiche, ma riguardano la capacità di elaborare informazioni complesse, risolvere problemi nuovi, collaborare e adattarsi. Questo vale sia nella dimensione professionale, sia in quella civica e personale.
In assenza di queste capacità, cresce la distanza tra chi può comprendere e gestire la complessità e chi la subisce passivamente. È una nuova forma di esclusione sociale, non più (solo) economica, ma cognitiva.
La sfida: ripartire dalla formazione per dare nuovo fondamento alla cittadinanza
La risposta del report è chiara: serve un ripensamento radicale dei sistemi educativi e formativi. L’Italia – come molti altri paesi – è chiamata a:
- rafforzare l’istruzione di base, contrastando la dispersione scolastica e i divari territoriali;
- investire nella formazione continua, con percorsi accessibili, modulari, flessibili;
- rivalutare le competenze non formali, rendendole visibili e spendibili nel mercato del lavoro;
- coltivare una cultura dell’apprendimento permanente, che abbracci tutte le età.
Nel farlo, sarà essenziale integrare l’intelligenza artificiale come strumento di supporto all’apprendimento, non come ulteriore fattore di esclusione.
Siamo ancora in grado di capire il mondo?
Il report dell’OCSE pone una domanda di fondo, implicita ma fondamentale: una società può sopravvivere alla propria complessità se la maggioranza dei suoi cittadini non è più in grado di decifrarla?
Nel caso dell’Italia, il rischio è duplice: rimanere indietro economicamente e perdere coesione sociale, se non si interviene con decisione sul tema delle competenze. Non si tratta solo di formare lavoratori più produttivi, ma cittadini de facto e non solo de iure, più consapevoli e partecipi, in grado di governare il cambiamento invece di subirlo.
Marco Sbardella
Ph.D., Ricercatore e socio fondatore del Centro Ricerche “scientia Atque usus” per la Comunicazione Generativa ETS.
Insegna Teorie e Tecniche della Comunicazione all’Università di Firenze.
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