Salute e Sanità

Conservare l’Umanità di Medici e Pazienti in un’Era Robotica

Intervista a Donald Norman

Di Viola Davini | 30 05 2025

Versione italiana a cura di Amos Tozzini

Di cosa parliamo in questo articolo?

Questo articolo presenta i punti chiave di una conversazione con il Professor Donald Norman sull’impatto delle tecnologie emergenti nella pratica medica, la comunicazione tra medici, pazienti e sistemi sanitari, e il futuro dell’educazione in ambito medico-scientifico.

 

Attraverso casi concreti – tra cui l’integrazione della realtà aumentata attraverso Apple Vision pro, la chirurgia robotica tramite il sistema Da Vinci, e l’uso di modelli 3D personalizzati per la preparazione degli interventi – la discussione evidenzia la transizione verso più personalizzate, visuali e collaborative forme di sanità.


L’intervista esplora anche il crescente ruolo dell’intelligenza artificiale nella gestione delle conoscenze mediche, le sfide dell’alarm fatigue e dell’inefficienza delle interfacce dei dispositivi, e il bisogno urgente di una progettazione dell’ambiente clinico che ponga l’elemento umano al centro. Infine, il Professor Norman espone il proprio punto di vista sull’educazione, promuovendo l’interdisciplinarità, una forma di apprendimento orientato a progetti basato sulla collaborazione, l’etica e la risoluzioni di problemi reali.

Il Professor Norman è il fondatore del Design Lab dell’Università della California, San Diego, un punto di riferimento mondiale nel campo del design, dell’ergonomia e delle scienze cognitive, co-fondatore del Nielsen Norman Group, ed ex vice-presidente dell’ Advanced Technology Group di Apple

Ambito di Intervento

Salute e Sanità

Il Centro Ricerche sAu ha avviato una ricerca sulla diffusione di nuove tecnologie in ambito medico-sanitario e sul loro impatto sulla “personalizzazione delle cure”.

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Quali sono i più importanti progressi tecnologici che stanno attualmente trasformando la sanità, e come stanno cambiando la pratica medica?

Assistere a così tante rivoluzioni tecnologiche in breve tempo è insolito. Per questo, vorrei concentrarmi su quelle che stanno avendo un impatto diretto sulla sanità.

Esistono nuovi tipi di sensori che ci permettono di percepire cose che non avremmo mai potuto percepire finora. Adesso abbiamo una comprensione più profonda di cose accade all’interno del corpo umano. Stiamo iniziando a realizzare che ogni individuo è differente. Ciò ci sta permettendo di avviarci verso diagnosi e trattamenti più personalizzati. Oggi, spesso classifichiamo le malattie in termini generici, senza tener conto delle variazioni tra persone che condividono la stessa diagnosi. Come risultato, tendiamo a prescrivere lo stesso percorso di cura a tutti, benché ogni corpo risponda in maniera diversa. Questo è vero specialmente quando si ha a che fare con il ventre – l’intestino e lo stomaco – che costituisce il secondo componente più importante del nostro corpo. La composizione chimica di quest’area è incredibilmente complessa e unica per ogni persona. Stiamo appena iniziando a capirlo, e sta già facendo una grande differenza.

In secondo luogo, adesso disponiamo di computer più potenti di quanto non siano mai stati – drammaticamente più potenti. Sto parlando di sistemi che sono migliaia, addirittura un milione di volte più potenti di quelli ancora in uso in molti ospedali e ambienti medici. Certo, c’è anche il ruolo dell’intelligenza artificiale, la cui importanza ha molte diverse applicazioni. Ma i large language models di oggi sono complessi: da un lato, non sono sempre affidabili; dall’altro, sono incredibilmente potenti e risolutivi.

Spesso dico alle persone di pensare alle IA come se avessero appena assunto un nuovo assistente – qualcuno che lavora sodo, è desideroso di aiutare, ma che non ha ancora tutte le conoscenze di cui ha bisogno. E non vi si può fare totale affidamento – è necessario verificare il loro lavoro. Tuttavia, possono offrire spunti nuovi e imprevedibili.

In medicina, l’ammontare di conoscenze globali è semplicemente sovrastante – nessun singolo medico può possederle tutte. Ma i sistemi di intelligenza artificiale hanno già letto l’intero corpo della letteratura medica, cosa che li rende estremamente bravi a rispondere alle domande e a far emergere informazioni che nessun individuo sarebbe in grado di ricordare. Tutto ciò trasformerà la scienza, la giurisprudenza, la medicina e molti altri settori. 

Un ulteriore aspetto rilevante di questa rivoluzione è la combinazione tra robotica, large language models e IA.

Fino a poco tempo fa, i robot erano piuttosto goffi, e programmarli per far eseguire loro compiti specifici era estremamente difficile. Ma non è più così – i robot ora possono imparare osservando gli umani e facendo pratica in autonomia. Stanno iniziando a padroneggiare incarichi che non avremmo mai immaginato avrebbero potuto svolgere. Molti di questi sono ancora in fase di sviluppo nei laboratori di ricerca, ma presto diventeranno parte della pratica medica di tutti i giorni.

Può fornire un esempio delle tecnologie più avanzate che ha potuto osservare da vicino?

Assolutamente. Un esempio affascinante è la chirurgia robotica – per quanto tecnicamente, non si tratti di un vero robot. Il sistema più conosciuto è la piattaforma chirurgica Da Vinci. Non è un sistema autonomo; lo chiamiamo teleoperatore perché il chirurgo è sempre in completo controllo, ma opera attraverso un’interfaccia robotica.

Osservare questo tipo di interventi chirurgici è veramente notevole. Immagina: tu sei il paziente, ed io il chirurgo. Anziché stare sopra di te, sono seduto su una console dall’altra parte della stanza, a guidare gli strumenti da remoto con precisione.

Ma ancora più eccitante, a mio parere, è cosa sta accadendo con Apple Vision Pro. Molti dei media principali dicono che sia troppo costoso o non così utile – ma questo dal punto di vista di un consumatore. Ho avuto l’opportunità di visitare lo Sharp HealthCare di San Diego, la più vasta rete ospedaliera nella regione. Qui, sono state acquistate 12 unità di Vision Pro per testare il suo potenziale in ambienti clinici. E ho anche assistito a una conferenza globale, dove diversi esperti hanno discusso sulle applicazioni mediche per questa tecnologia.

 

Vision Pro è già utilizzato in campo sanitario, soprattutto per la formazione e la programmazione chirurgica. Quando si indossa il casco, funziona come un computer – ma al posto di uno o due monitor, si ha a disposizione un intero spazio di lavoro di schermi virtuali. Si può avere uno schermo che mostra dati di anestesiologia, un altro che mostra i parametri vitali, un altro ancora per le immagini chirurgiche o il monitoraggio del paziente – tutti visualizzabili allo stesso tempo. Durante l’operazione, si può tracciare l’incisione da eseguire e proiettarla direttamente dentro al proprio campo visivo. Questa è la realtà aumentata – ma l’approccio di Apple è differente. La maggior parte dei dispositivi AR hanno difficoltà ad allineare in modo preciso il contenuto digitale con gli oggetti del mondo reale. Con Vision Pro, si guarda il mondo attraverso camere a risoluzione ultra-definita. È estremamente realistico, sembra di guardare con i propri occhi. Questo è una delle principali cause del costo elevato: la qualità è eccezionalmente alta.

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Come parte del programma del nostro Master in Comunicazione Medico-Scientifica e dei Servizi Sanitari, gli e le studenti hanno l’opportunità di osservare dal vivo procedure chirurgiche con assistenza robotica in sala operatoria.

Questa esperienza unica permette loro di assistere in prima persona all’interazione tra tecnologie avanzate e competenze umane, offrendo preziosi punti di vista all’interno del ruolo della comunicazione – anche in ambienti altamente tecnici e clinici come la chirurgia robotica.

Sebbene Vision Pro non sia approvato come dispositivo medico, il suo potenziale nella sanità è evidente. Una più estesa implementazione richiederà ulteriori studi clinici, sviluppo di software dedicati, e, auspicabilmente, approvazioni regolatorie.

In breve, sebbene non sia originariamente progettato per la medicina, Vision Pro sta già trovando applicazioni innovative nel settore sanitario.

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Ciò permette ai chirurghi di operare come già normalmente farebbero, ma con la disponibilità di informazione cruciali esattamente dove ne hanno bisogno. In una sala operatoria tradizionale, è necessario staccare lo sguardo dal monitor. Con Vision Pro, tutto ciò che serve è già di fronte ai proprio occhi, a tutto vantaggio della concentrazione e dell’efficienza.

Ma è anche un punto di svolta per la formazione medica. Studenti e assistenti possono vedere esattamente ciò che vede il chirurgo. Anziché preoccuparsi di seguire quello che sta accadendo, ogni volta hanno un posto in prima fila.

Ora, immagina di combinare il dispositivo chirurgico Da Vinci con Apple Vision Pro. Sarebbe rivoluzionario. Conosco persone che lavorano su Da Vinci, e conosco persone all’interno di Apple, ma, a quanto ne so, non stanno al momento collaborando. Dovrebbero assolutamente farlo.

Lasciami condividere un aneddoto personale. Per anni, colleghi radiologi hanno provato a spiegare come fanno a collegare un catetere dalla gamba del paziente al cervello attraverso i vasi sanguigni. Non sono mai riuscito a visualizzare chiaramente come faccia ad attraversare il cuore. Poi ho indossato Vision Pro. Improvvisamente, stavo guardando un modello 3D di un cuore umano pulsante a grandezza naturale. Potevo ruotarlo, guardare al suo interno, e finalmente ho capito come il catetere faccia il viaggio. È stato un momento di epifania istantaneo – e indimenticabile.

Questo è già stato integrato nella formazione medica. Elsevier, il più grande editore di medicina, ha convertito la maggior parte dei contenuti dei suoi libri di testo in modelli 3D interattivi. Molte delle strutture anatomiche che ho visto all’interno di Vision Pro provenivano direttamente dal lavoro di Elsevier.

Uno dei nostri obiettivi di ricerca principali è capire come queste tecnologie impattino la comunicazione tra medici, pazienti, e servizi sanitari. Secondo lei, qual è l’aspetto più significativo?

Lasciami condividere un episodio particolarmente esemplificativo. Un mio caro amico – professore ordinario di tecnologie avanzate all’Università della California di San Diego – ha una malattia cronica.

Nel corso degli ultimi cinque o sei anni, ha tracciato i propri parametri vitali quotidianamente. Solitamente, i dottori fanno affidamento su singole misurazioni effettuate a distanza di qualche mese, ma lui stava monitorando i suoi dati in modo continuo. Per la prima volta, è stato possibile toccare con mano quanto questi indicatori possano fluttuare – non solo di giorno in giorno, ma di ora in ora.

Nel suo centro di ricerca, ha avuto accesso a un imponente display ad alta risoluzione – più grande della parete di questa stanza –  dove ha visualizzato i propri dati in tempo reale. Questo gli ha permesso di rilevare cambiamenti che la maggior parte dei medici non avrebbero nemmeno saputo di dover cercare. In alcuni casi, le variazioni all’interno di un singolo giorno erano sensibilmente maggiori di quanto sarebbe tipicamente possibile osservare nel corso di sei mesi in ambienti clinici standard.

Inoltre, si è sottoposto a risonanze magnetiche regolari e le ha convertite in un modello stampato in 3D del suo colon. Grazie a questo, ha tracciato un piano chirurgico da solo e lo ha portato direttamente al suo medico. In seguito alla sua operazione, ho assistito alla sessione “Grand Rounds”, dove il chirurgo ha spiegato come il suo caso fosse insolito. Ha detto che normalmente avrebbe dovuto accompagnare il paziente attraverso ciascun singolo step. Ma in questo caso, il paziente le ha consegnato le risonanze magnetiche, ha tirato fuori un modellino dalla sua tasca, e ha detto: “Ecco cosa dovrai fare. Taglia qui e qui, riallaccia queste sezioni ed entra da questa angolazione perché, a causa della conformazione anatomica, non potrai usare il punto di ingresso standard.”

Si è presentato preparato con diagrammi, fotografie e immagini generate al computer. È stato uno dei piani chirurgici condotti dal paziente più dettagliati che abbia mai visto – e penso che sia un’anticipazione di dove la sanità sta andando.

Qui è dove entra in scena la tecnologia di spatial computing di Apple. Uno dei suoi usi emergenti riguarda la programmazione pre-operazione. Al posto di usare modelli anatomici generici, adesso i medici possono creare modelli 3D personalizzati da risonanze magnetiche e raggi-X reali. Questi modelli rendono possibili pianificazioni incredibilmente dettagliate per pazienti specifici. E durante la procedura, la pianificazione chirurgica può essere sovrapposta direttamente al corpo del paziente in tempo reale, guidando il chirurgo con segnali visuali accurati. Un ulteriore enorme beneficio è il modo in cui la tecnologia di visualizzazione migliora la comunicazione – tanto con i pazienti quanto con i familiari. Spiegare una procedura complessa alla famiglia di un paziente è notoriamente difficile. Ma nel momento in cui è possibile mostrare loro un modello 3D interattivo, tutto cambia. Possono finalmente vedere quello che accade e comprendere le ragioni del trattamento. Questo livello di trasparenza era quasi impossibile prima d’ora.

Cambiando argomento, qualche anno fa ho visitato lo stabilimento Philips di Eindhoven, nei Paesi Bassi. Qui, stavano lavorando su un’innovazione per la medicina prenatale. Quando nascono bambini prematuri, questi vengono messi all’interno di incubatrici, tradizionalmente realizzate in plastica. Questa struttura permette l’osservazione, ma determina un ambiente non ottimale per il piccolo paziente.

In passato, molti di questi bambini non sopravvivevano. Oggi, il tasso di sopravvivenza è nettamente migliorato, i problemi sulla salute a lungo termine permangono. Philips ha identificato diverse questioni – come l’involucro di plastica che blocca i cicli della luce naturale, essenziali per lo sviluppo del ritmo circadiano. Inoltre, infermieri e infermiere che entrano nella stanza a tutte le ore possono disturbare i bambini inutilmente. Così hanno proposto una soluzione più olistica. Hanno installato telecamere a infrarossi per monitorare costantemente il bambino senza disturbarlo. Hanno poi creato uno spazio per le famiglie – una piccola stanza da letto vicino alle incubatrici – così che i genitori possano stare vicino. Ancora più degno di nota, hanno costruito un enorme display digitale che mostra i dati medici del bambino in tempo reale. Questi dati possono essere visti in tre modi:

  • una versione clinica per i medici, con dettagli sanitari completi
  • una versione infermieristica con parametri vitali e programmi di somministrazione dei farmaci
  • una versione semplificata per i familiari, con visualizzazioni chiare e un linguaggio semplice.

Ciò che mi ha veramente colpito è stato che i familiari avevano accesso a tutte e tre le versioni. Non erano limitati alla sola versione semplificata. Anche se non avevano piena comprensione di quella clinica, avere l’accesso aiutava a costruire un rapporto di fiducia.

Non si sentivano come se venisse loro nascosto qualcosa – e questa inclusione faceva una reale differenza.

Per me, è questo il punto chiave: creare tecnologie che non soltanto facciano progredire la medicina, ma che rafforzino anche la comunicazione e la fiducia tra pazienti, medici e familiari.

Come possiamo assicurare che i progressi tecnologici vengano sviluppati in modo da rafforzare le abilità professionali?

Questa è sempre stata una enorme sfida in medicina: come formare qualcuno a usare un dispositivo robotico come Da Vinci in modo efficace?

Nella chirurgia tradizionale, la formazione avveniva attraverso l’esperienza pratica. Il capo chirurgo avrebbe iniziato la procedura con gli assistenti che osservano. In seguito, avrebbero detto, “Okay, eseguiti il primo taglio.” Gradualmente, con il tempo, agli assistenti sarebbe stato concesso di incaricarsi di più procedure, fin quando, alla fine, il capo chirurgo si sarebbe limitato a osservare mentre l’assistente eseguiva l’operazione.

Così è come le competenze chirurgiche venivano trasmesse – da una persona all’altra, in tempo reale. Ma questo metodo non si applica altrettanto bene alla chirurgia robotica. I praticanti possono guardare, ma non si fanno le stesse sensazioni tattili. L’unico modo per acquisire esperienza è fare pratica su animali o simulazioni, ma non è ancora la stessa cosa. Questo ha scatenato serie discussioni su come formare efficacemente la prossima generazione di chirurghi in un contesto robotico.

Progetto

Master in Comunicazione Medico-Scientifica e dei Servizi Sanitari

Il Master consulenziale realizzato dal Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica dell’Università di Firenze in collaborazione con il Centro Ricerche sAu realizza progetti di ricerca-azione sulla Comunicazione Generativa che migliorano la relazione medico-pazienti-servizi, avviano processi di sensibilizzazione, garantiscono il coinvolgimento dei portatori d’interesse nelle progettualità.

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Una cosa che sorprende tante persone è la quantità di specialisti che si trovano in sala operatoria. Quando gli studenti vengono portati a osservare gli interventi chirurgici, l’infermiere chirurgico – esperto tanto quanto il chirurgo secondo molti aspetti – gioca un ruolo cruciale. Gli infermieri chirurghi infatti prevedono tutti gli step, preparano ogni singolo strumento in anticipo, e spesso cambiano gli strumenti nel bel mezzo dell’operazione senza che il chirurgo debba chiederlo.

Anche Da Vinci, che è in circolazione da cinque anni – o un po’ di più – è ancora relativamente nuovo in generale. E Apple Vision Pro, per esempio, è stato utilizzato solo da un ristretto numero di persone finora. L’adozione richiede tempo. Ma dobbiamo anche pensare a tutte le altre persone all’interno della sala operatoria. Anche questi hanno bisogno di informazioni in tempo reale. Prendi, per esempio, l’anestesista, che monitora costantemente i parametri vitali del paziente.

Ricordo di essere stato una volta in sala operatoria con un anestesista che mi stava mostrando come funzionava tutto quanto. A un certo punto, il chirurgo si è entusiasmato a tal punto che, nel mezzo dell’operazione, si è rivolto a me, ha tirato fuori qualcosa dal corpo del paziente, e ha esclamato, “Guarda!”

Nel frattempo, l’anestesista mi stava sempre spiegando altre cose, quando improvvisamente tutti i sistemi di allarme si sono attivati. Si è interrotto e ha detto, “Oops –  meglio occuparsene”.

Questi genere di episodi non è esclusivo della medicina. Il problema è che la maggior parte degli allarmi ha lo stesso suono. Non è possibile distinguere quale dispositivo lo abbia fatto partire. E quando avviene qualcosa di serio, tutti gli allarmi si attivano allo stesso tempo – rendendo impossibile pensare lucidamente. Se si osserva da vicino, la prima cosa che lo staff medico fa è silenziare tutti gli allarmi solo per riprendere la concentrazione. Ma è una perdita di tempo prezioso. È un problema non soltanto in ambito medico. Lo stesso avviene con l’aviazione, l’energia, perfino a casa. I sistemi di allarme spesso sono consegnati in modo mediocre, ed è difficile per chi li usa dare priorità a ciò che è realmente urgente.

Anche in ambienti casalinghi, i dispositivi usano allarmi dai suoni acuti perché sono più economici da produrre.

Il problema? Quando le persone invecchiano, perdono la capacità di sentire le alte frequenze. Ciò significa che le persone più anziane potrebbero non sentire nemmeno un allarme anti-incendio. E anche se sentono qualcosa, spesso non hanno idea di quale dispositivo stia suonando. Tutto ciò rappresenta un’enorme opportunità per un design migliore, che sia orientato verso i bisogni delle persone.

Un’altra questione collegata è l’incompatibilità tra i dispositivi medici. Ad esempio, nella terapia infusionale, ogni produttore di pompe d’infusione usa un’interfaccia differente. Ho visto infermieri impazzire per usare una pompa soltanto perché, nel loro percorso di formazione, non avevano mai usato quel modello.

Questo tipo di incompatibilità ha portato a seri errori di natura medica. Se qualcuno immette il dosaggio sbagliato, il sistema potrebbe non avvisare in modo adeguato. E anche se si tenta di porre qualche rimedio, ad esempio con i cosiddetti dispositivi “smart” che ricordano l’ultimo valore, questi non avvisano se si tratta di un valore pericolosamente alto.

Certo, se si programma il sistema in modo eccessivamente cauto, questo interrompe troppo spesso: “Sei sicuro che sia il valore corretto?”

Alcune volte è utile. Altre volte, è solo d’intralcio.

Ho girato per molti ospedali in tutti gli Stati Uniti per conto della National Academy of Science, e posso onestamente affermarlo – non ho mai visitato una singola struttura ospedaliera che non avesse un serio problema con la tecnologia o con il flusso lavorativo.

Che tipo di educazione dovrebbe essere progettata per un futuro nel quale l’umanità e la tecnologia cooperino in modo proficuo?

Un mio caro amico sta scrivendo un libro sulle ragioni per cui le scienze sociali sono essenziali alla progettazione. Aveva bisogno di una bozza da presentare all’editore, così gli ho suggerito qualche spunto.

Tutto parte dai Greci e dai Romani – un insegnante che spiega, e gli studenti che memorizzano. Ma le lezioni frontali sono forse uno dei metodi peggiori per imparare, sebbene siano il più facile per insegnare.

Per questo dico ai miei studenti, “Non dovremmo porci il problema dell’insegnamento – dovremmo piuttosto porci il problema dell’apprendimento. Sono due cose molto diverse.

Prendi Leonardo Da Vinci. Si tratta di un esempio antico di apprendimento multidisciplinare perfetto. Da Vinci si è cimentato in innumerevoli campi del sapere–  arte, ingegneria, anatomia, musica. Ma oggi, questo tipo di ampiezza è quasi impossibile. Ci sono troppe cose da conoscere in ogni disciplina.

 

Quando le gente dice che bisogna coinvolgere le scienze sociali, io domando, “Quali?” Anche all’interno della psicologia stessa, si trovano psicologi comportamentali, cognitivi, e la lista potrebbe continuare.

E poi ci sono le discipline STEM. Ho avuto un’educazione esaustiva in scienze, tecnologia, ingegneria, e matematica. Ma sono profondamente scettico riguardo al modo in cui le STEM sono insegnate.

A cosa serve un’educazione centrata sul mondo. I punti salienti di un’intervista a Gert Biesta

Gert Biesta approfondisce alcuni dei temi presentati nel suo recente volume “Il mondo al centro dell’educazione. Una visione per il presente”.

La sua è una riflessione pedagogica e allo stesso tempo politica, in quanto propone un’idea di agire educativo che si pone come fine ultimo l’azione diretta sul mondo.

Dove sono le persone nelle STEM? Il punto di vista umano? Ho sentito persone dire, “Dovremmo sbarazzarci delle scienze umane – a cosa servono la storia e la filosofia?” Altri suggeriscono di estendere le discipline scientifiche da STEM a STEAM aggiungendo l’arte, o addirittura a HSTEAM, aggiungendo le discipline umanistiche. 

Ma io dico di no.

Perché quando si insegnano le materie scientifiche, spesso accatastiamo una serie di corsi separati: fisica, matematica, programmazione… tutte sconnesse tra loro. E nessuno spiega perché si stiano imparando quelle cose.

Piuttosto, credo che dovremmo smettere di insegnare materie. Dovremmo iniziare a insegnare progetti.

Quando gli studenti lavorano su probelmi del mondo reale, attingono spontaneamente da molte diverse discipline. Vedono tutto connesso –  tecnologia, storia, cultura, etica. È ciò che avviene quando l’apprendimento assume un senso.

E sì, c’è bisogno di insegnare etica. In medicina, l’etica è spesso una parte centrale del percorso formativo. Ma nell’ingegneria e nel design? Molto meno. E questo è un problema.

L’etica non dovrebbe essere un corso da frequentare una volta e passare per ottenere il titolo di studio. Dovrebbe essere inciorporata in tutto quello che facciamo. 

Credo poi anche che gli studenti dovrebbero essere educati a “barare” – e permettimi di spiegare cosa intendo con questo.

A scuola, ci viene insegnato a fare tutto da soli. Ma nel mondo reale, se qualcuno sa qualcosa meglio o più di noi, gli chiediamo aiuto. Collaboriamo. Se troviamo un buon articolo, lo usiamo – dandogliene credito, certamente.

A scuola, usare il lavoro di altri viene chiamato “barare”. Nella vita reale, viene chiamato “lavoro di squadra”. La chiave è il riconoscimento del lavoro. Dovremmo insegnare agli studenti come integrare il lavoro altrui e dare il giusto riconoscimento. È in questo modo che le idee evolvono.

Non sto cercando di inventare niente da zero. Sto cercando di mettere insieme idee brillanti, costruire intorno ad esse un impianto di lavoro, e presentarle in un modo che sia chiaro e utile.

L’educazione dovrebbe essere incentrata sul lavoro comune con le idee degli altri – non memorizzare e superare gli esami.

Ricordo quando vennero fuori le prime calcolatrici. Gli insegnanti dissero, “Non possiamo lasciare che gli studenti usino le calcolatrici –  non impareranno mai la matematica.” Ma oggi, esigiamo l’uso delle calcolatrici durante gli esami, e ora possono fare molto di più che calcoli aritmetici – risolvono problemi di algebra e di calcolo complessi.

Le calcolatrici non ci hanno reso meno intelligenti. Ci hanno reso più efficaci.

E penso che lo stresso si possa dire per le IA e le altre tecnologie più recenti. Se un robot può aiutare a lavare i piatti, benissimo – abbiamo già le lavastoviglie. La parte difficile è sempre scaricarle ! Ma è già un passo avanti.

Infine, l’educazione dovrebbe fornire alle persone il potere di pensare, collaborare e creare usando tutti gli strumenti a disposizione.

Conclusioni

Dalla conversazione con Donald Norman, emerge una chiara sfaccettata visione del futuro della sanità – dove la tecnologia migliora , anziché sostituire, le intuizioni, l’empatia e i processi decisionali dell’essere umano. Innovazioni come l’intelligenza artificiale, la realtà aumentata e i dispositivi robotici non stanno soltanto trasformando le procedure cliniche e la formazione medica, ma stanno anche ridisegnando il modo in cui la comunicazione si pone nello spazio tra professionisti della sanità, pazienti e familiari.

Un tema centrale è il potere della tecnologia nel migliorare la comunicazione – non soltanto aumentando l’accesso alle informazioni, ma rendendo quelle informazioni meglio visualizzabili, più intelligibili e più facilmente utilizzabili. Che sia attraverso modelli 3D personalizzati che aiutano i pazienti a comprendere procedure complesse, visualizzazioni di dati in tempo reale che consentono a tutto il team clinico di coordinarsi, la comunicazione sta diventando più interattiva, inclusiva e trasparente.

Forse, lo spunto più avvincente condiviso da Norman ha a che fare con l’educazione.

Essere preparati a questa nuova era significa superare i vecchi modelli di apprendimento passivo.

Questo è un dialogo ancora in corso con Donald Norman sull’uso intelligente delle nuove tecnologie iniziato precedentemente. Ecco alcuni estratti dai suoi interventi pubblici a Firenze.

Abbiamo bisogno di insegnare a imparare, a collaborare, e a comunicare attraverso le discipline e i ruoli. Etica, design, e dialogo devono essere incorporati nella formazione dei professionisti del futuro.

Infine, l’innovazione sanitaria più significativa potrebbe non essere un nuovo dispositivo o un algoritmo –  ma l’abilità di connettere persone, idee e sistemi tecnologici in modi che siano profondamente umani. La tecnologia dovrebbe amplificare questa connessione, non sostituirla.

Autrice

Viola Davini

Ph.D., Ricercatore e membro fondatore del Centro di Ricerca sulla Comunicazione Generativa (ETS) “scientia Atque usus”

Curatore

Amos Tozzini

Laureato in Pratiche, linguaggi e cultura della comunicazione presso l’Università degli Studi di Firenze. È collaboratore presso il Centro Ricerche “scientia Atque usus” per la Comunicazione Generativa ETS.

Intervistato

Donald Norman

Donald Norman è il fondatore del Design Lab dell’Università di San Diego, nonché una delle figure di spicco a livello mondiale nel campo del design, dell’ergonomia e delle scienze cognitive. È anche co-fondatore del Nielsen Norman Group ed ex vicepresidente dell’Advanced Technology Group di Apple.